Trent’anni dopo la legge che l’ha messa al bando, la fibra killer continua a uccidere e a rimanere disseminata in tutto il Paese. Chi che se fa carico come Barricalla chiede nuove aree per gestire il rifiuto speciale in sicurezza

Trent’anni fa, con la legge 257/92, l’Italia era tra i primi Paesi in Europa e nel mondo a mettere al bando l’amianto. Tre decenni dopo l’entrata in vigore di questa storica legge in Italia il problema dello smaltimento dell’amianto non può dirsi però affatto risolto. Dall’ultimo censimento della Banca dati amianto dell’Inail, aggiornato al 31 dicembre 2020, risultano infatti in Italia 108.000 siti interessati, con 7.905 siti bonificati e 4.300 siti parzialmente bonificati. Per ciò che concerne, invece, la stima dei quantitativi di materiali contenenti amianto, gli ultimi dati del Cnr risalgono a parecchi anni fa e parlano di circa 32 milioni di tonnellate, derivanti in gran parte dalla presenza di 2,5 miliardi di m2 di coperture, come lastre ondulate o piane in cemento-amianto. L’amianto, insomma, resta un inquilino scomodo nel nostro Paese. Chi se ne fa in buona parte carico da anni è la società Barricalla con un impianto situato a Collegno, alle porte di Torino, all’avanguardia nel trattamento e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, amianto compreso. Dei progetti in cantiere dell’azienda abbiamo parlato con il presidente, Mauro Anetrini.

Perché in Italia ormai non si parla quasi più di amianto, nonostante l’altissimo numero di morti correlate e i quantitativi ancora ingenti da smaltire sparsi su tutto il territorio nazionale?

In effetti, sembra che l’enfasi che nei primi anni era stata posta sull’urgenza di eliminare l’amianto dalle strutture residenziali e non si sia affievolita. Ma l’esigenza del suo smaltimento è una cosa cogente che non è passata, si tratta di un’urgenza che rimane. E il problema resta, a decenni di distanza, sempre lo stesso: dove può essere accantonato e smaltito l’amianto? Mentre ci sono altri materiali che, come noto, possono essere reimmessi nel ciclo produttivo, rifiuti che possono essere trasformati in materie prime seconde da riutilizzare, ve ne sono altri che non hanno futuro come l’amianto.

Delle grandi quantità di rifiuti che Barricalla riceve e tratta nel proprio impianto, il 30% contiene amianto. Cosa si può fare concretamente in più?

Sappiamo tutti e siamo convinti che bisogna ridurre i conferimenti dei rifiuti in discarica. Ma per quelli che contengono amianto vanno trovate delle aree nuove in cui conferirli, monitorarli e smaltirli in sicurezza. Ad oggi anche la tecnologia non offre soluzioni diverse. La stessa Arpa Piemonte ha sottolineato la necessità della dotazione di celle dedicate per questa tipologia di rifiuti. Ci stiamo muovendo anche in tal senso. Tutto ciò che accogliamo e processiamo nel nostro impianto viene predisposto sulla base di valutazioni fatte dai nostri tecnici. Se avessimo a disposizione più spazi potremmo applicare le stesse procedure e garantire una gestione sicura di ulteriori quantitativi.

Nel frattempo avete raddoppiato il vostro parco fotovoltaico all’interno dell’impianto: quasi 2mila moduli fotovoltaici, per una produzione complessiva di 663 KW, che si aggiungono ai 2.925 precedenti, di circa 1 MW, capaci di produrre 1,9 GWh l’anno, pari al fabbisogno di circa 600 famiglie in dodici mesi

Barricalla parco fotovoltaico
Il parco fotovoltaico costruito all’interno dell’area di trattamento dei rifiuti speciali di Barricalla. Foto di Michele d’Ottavio

Siamo molto orgogliosi di questo parco fotovoltaico. La cosa bella è la sinergia che si è creata e che continua a svilupparsi tra imprese ed enti pubblici nella ricerca di soluzioni energetiche nuove a beneficio della collettività. Attraverso il fotovoltaico Barricalla restituisce energia verde al suo territorio. Dimostrando che dentro le discariche si possono fare tante attività buone, “pulite” e che creano valore per tutti.

 

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Rocco Bellantone