Con il recepimento a metà agosto del pacchetto di normative Ue sull’economia circolare, il governo è chiamato a un’accelerazione sensibile sul fronte degli impianti di rigenerazione dei rifiuti. Entro il 2035, infatti, i volumi di rifiuti urbani conferiti in discarica non dovranno superare la soglia del 10%. Motivo per cui servirà sfruttare le risorse del Recovery fund anche per finanziare la realizzazione di impianti che trasformino in nuova materia prima seconda quei materiali per troppo tempo bollati come “finiti”. E, in parallelo, far entrare in funzione quelli che già esistono ma che sono rimasti bloccati lungo il processo di valutazione e approvazione. Dopo che lo scorso aprile è stato firmato dal ministero dell’Ambiente l’End of waste per la gomma riciclata dei pneumatici fuori uso, è in dirittura d’arrivo anche l’iter del decreto sui rifiuti in carta e cartone da macero. È fiducioso Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta, convinto che «incrementare il riciclo e l’immissione di prodotti rinnovabili e favorire il recupero degli scarti del riciclo» siano «misure fondamentali per rilanciare la competitività dell’industria cartaria e affrontare la crisi strutturale del comparto grafico con la chiusura di capacità produttive». Accanto a ciò, spiega, «vanno promossi biocombustibili nella filiera della carta per rendere questa industria più verde e resiliente».
Chiuso il cerchio della carta, resta ancora lunghissimo l’elenco degli End of waste in sospeso. Negli ultimi mesi Ispra ha fornito un parere su plastiche miste, rifiuti dello spazzamento stradale, rifiuti da costruzione e demolizione, vetro sanitario e pastello di piombo. Inoltre, nell’ambito della delega per il recepimento del “pacchetto rifiuti” – ovvero il recepimento nell’ordinamento nazionale delle modifiche delle più importanti direttive europee in materia – il ministero dell’Ambiente ha predisposto un decreto di riordino per i fanghi di depurazione delle acque reflue, all’interno del quale era prevista la cessazione della qualifica di rifiuto anche per questo flusso. E proprio dal recepimento del “pacchetto rifiuti” passerà l’atteso Programma nazionale rifiuti, fondamentale per individuare tutte le carenze del nostro sistema di gestione degli scarti urbani e speciali, comprese quelle impiantistiche.
Nell’attesa c’è da fare i conti con un sistema a dir poco farraginoso, che per essere “smosso” ha fatto virare le Regioni sulla metodologia dell’autorizzazione degli impianti “caso per caso” nelle situazioni in cui manchino criteri dettagliati nazionali o fissati dall’Ue. «L’approccio dell’End of waste come filiera è più corretto e solido dal punto di vista istituzionale, ma non c’è dubbio che si portava dietro con sé dei ritardi clamorosi per le modalità con cui veniva perseguito – spiega il direttore generale di Ispra, Alessandro Bratti – Oggi, con la formula del “caso opportunamente modificato dalla norma”, si possono comunque attivare processi virtuosi senza passare per l’emanazione dei decreti nazionali». La speranza, condivisa da Bratti, è che con lo sviluppo del Green deal e con i fondi in arrivo dal Recovery fund, la lista dei decreti lasciati in sospeso venga snellita più velocemente, «altrimenti c’è il rischio che si impantani tutto».
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